La speranza alla fine del mondo
C’era una luce spaventosa, laggiù, nel cuore del laboratorio di Muraki. Era un fuoco strano, che accecava e scottava persino lui, un fuoco che sembrava poter bruciare il mondo stesso: acciaio, cemento, vetro, tutto si sgretolava al tocco di quelle fiamme, il palazzo stesso si inclinava, accartocciandosi su se stesso come in una scenario apocalittico; e laggiù, dove il fuoco infuriava con più rabbia, c’era Tsuzuki.
Se ne stava seduto a fissare il vuoto, o forse le fiamme, come se non gli importasse di nulla, come se non aspettasse altro che finire in cenere come tutto ciò che lo circondava; Hisoka conosceva quell’espressione, perché era stata la sua, e si rese conto che, un tempo, avrebbe pensato che la morte era la via d’uscita migliore quando si toccava il fondo del dolore e della disperazione. Eppure quel giorno pensò che a lui era stata concessa una seconda possibilità per amare ed essere felice, e tutto questo era stato possibile perché, al suo risveglio dalla morte, c’era stato Tsuzuki, e ora ne era grato agli Dei.
E la sola cosa che desiderava, lì, alla fine del suo mondo, era di poter essere la seconda possibilità di Tsuzuki di scegliere la vita.
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