La maledizione di Halloween

La Scalata verso il Wolfstar, Livello 4: 09. Tende

A Remus sono sempre piaciute le tende del suo letto: le ha viste, sin dal primo giorno in cui si è trovato a dormire da solo con tre ragazzini sconosciuti, come l’ultima roccaforte della privacy, oltre ad un comodo schermo con cui non disturbare nessuno quando voleva leggere fino a notte fonda.
Sirius, invece, le ha sempre detestate, o almeno così ha sempre affermato, divertendosi ad aprirle e chiuderle di scatto con la bacchetta nei momenti di noia, per vedere quanto sono resistenti, asseriva quando Peter, agitato dal continuo sibilo degli anelli di metallo sulle loro guide, lo supplicava di smetterla, perché gli dava i brividi.
Eppure quella sera le ha tirate lui, quando si è seduto sul suo letto.
È una novità che lo ha sorpreso: quando si spalmava sul letto di James per chiacchierare o fare la lotta – o quando, ultimamente sempre più spesso, Potter saliva sul suo per declamare le doti di Lily Evans – e lui e Wormtail si lagnavano del casino che facevano di notte, la risposta un invito a chiudere le loro di tende, se avevano tanto fastidio.
Eppure quella sera – James fuori a dare la caccia a Lily e Peter che tentava di finire la lezione di Storia della magia – Sirius si è seduto sul suo letto (seduto: non planato con la grazia di un albero abbattuto sul suo materasso, il che è già parecchio strano), fissandolo come se non sapesse da che parte cominciare; Remus, a metà di un libro piuttosto interessante (e pervaso da uno strano nervosismo a trovarsi Black vicino), gli ha lanciato un’occhiata perplessa.
– Cosa?
– Che leggi?
– Sirius, stai male? Non mi dici semplicemente perché sprechi così la tua vista, Moony?
– Cercavo di essere gentile!
– Beh, è bizzarro da parte tua! Cosa stai architettando?
– Niente. Voglio solo sapere cosa c’è di tanto affascinante, là dentro, da farti ignorare i tuoi amici.
Te, lo corregge immediatamente il cervello di Lupin, Peter studia e James è per i fatti suoi fuori di qui, quindi l’unico ignorato sei tu.
– Non tentare di farmi sentire in colpa, perché non puoi proprio riuscirci.
Sirius tira il libro, con fare lamentoso – E su, dimmi che roba è!
– I miei libri non sono roba, mister Black – taglia corto Moony, sollevando il volume fuori dalla sua portata.
– Imploro il perdono di messer tomo – declama Sirius, prima di alzarsi di scatto e, complice l’ondeggiare del materasso, riuscire a strappare di mano a Remus il libro; pianta un piede sullo sterno dell’altro ragazzo, guadagnandosi il tempo di leggere finalmente il titolo – Moby Dick. Che roba è?
– Un romanzo, imbecille – ringhia Lupin, riappropriandosi di quanto è suo.
– Non l’ho mai sentito nominare – risponde candidamente l’altro.
– Non mi stupisce, specie perché l’autore è un babbano.
– E perché mai tu ignori i tuoi amici per il libro di un babbano? – si lamenta Sirius, tentando di nuovo di toglierglielo di mano.
– Perché questo “babbano” forse è più interessante di certi miei amici!
Black mette su la sua faccia da tragedia (Remus sente montargli dentro una rabbia furiosa quando fa così, ultimamente, e non se ne spiega il motivo) – Questo è un insulto che il mio cuore non riesce a sopportare, Moony.
– Ottimo – risponde l’altro, riuscendo a spintonarlo giù dal materasso – Vai pure ad agonizzare sul tuo letto!
– Ma io voglio sapere di che parla quel coso! – piagnucola Sirius, riguadagnando un pezzo di materasso – Morbydick!
– Moby Dick!
– Quello che è! Chi sarebbe, allora?
Remus si sente sul punto di utilizzare il romanzo per abbattere quello che, in teoria, dovrebbe essere uno dei suoi migliori amici: cosa c’è di più odioso, per chi ama leggere, che essere interrotti mentre si è immersi in un libro amato?
– Non ti piacerebbe.
– Prova!
– Parla del capitano di una nave.
– Adoro i pirati.
– Questo non è un pirata! È il capitano di una nave da pesca.
– Pesca?
– Sì. Balene.
– Mi piacciono le balene!
– L’unica volta che ti ho sentito nominare quell’animale è stato per commentare le forme di una Tassorosso particolarmente paffuta, e non trasudavano amore per quel genere di mammiferi!
– Le balene sono mammiferi? – esclama Sirius, sorpreso – Ma stanno sott’acqua! Sono pesci, Moony!
– No, mammiferi, razza di ignorante.
– Non ci credo!
– Come vedi, non c’è una sola cosa che possa piacerti, qui dentro.
– Nononono, ci credo, ci credo!
– … E sia. Comunque è la storia di un capitano che vuole uccidere una balena bianca. Ora che sai di cosa parla Moby Dick, puoi tornare nel tuo letto.
– E ci riesce?
– Il tema del libro non è se ci riesce, Sirius! È la lotta tra l’uomo e la natura!
– Certo che è importante: se leggo il romanzo di un cacciatore di vampiri, è importante sapere se uccide i vampiri!
Remus sospira, pensando che è vicino a capire quei maghi che usano la magia per uccidere – Questo non è un libro di quel tipo, Sirius: ora scendi da questo letto efammi leggere!
– Quindi lo sai come finisce!
– Certo che sì, è la terza volta che lo rileggo!
– E perché?
Perché si parla di uccidere qualcosa che si ama e si odia con altrettanta intensità e, francamente, è esattamente quel che provo io adesso!
– Mi piace – taglia corto Remus, seccato. China la testa sul libro, cercando il punto in cui era arrivato, e ricomincia a leggere; dopo un po’ alza lo sguardo e si trova la fronte di Sirius quasi contro la sua, che tenta di decifrare, al contrario, quel che c’è scritto sulla sua pagina – D’accordo, Padfoot, te lo presto appena ho finito, ok?
– Leggimelo tu – piagnucola Black, tirandogli una manica del pigiama.
– Non hai tre anni, leggitelo da solo!
– Ma nessuno ha mai letto per me! – guaisce Sirius e Remus, pensando a quel poco che conosce della madre del suo amico, non si sente di dubitarne.
– Beh, ma io non sono una balia, perché dovrei farlo?
C’è qualcosa di adorabile nello sguardo di Black, in quei momenti, gli stessi occhi umidi e adoranti di Padfoot che a Remus fanno sentire un formicolio orribile allo stomaco (beh, non è sicuro che sia orribile, ma è di sicuro fastidioso), specie se accompagnati da due mani infami che abbrancano il libro che stai tentando di leggere, impedendoti di farlo.
– Sirius…
– Ti preeeego!
– Piantala di fare il moccioso!
– Ti sto pregando, Moony!
Remus lo fissa, poi prova a distogliere lo sguardo ma, alla fine, si ritrova davanti quegli occhi grigi che sono tremendamente infantili, in quel momento; ovvio che Sirius sia venuto su in quel modo, se guardava così anche la sua governante c’era poco che si potesse fare per resistergli, pensa scocciato.
– D’accordo – brontola, strappandogli il libro di mano e riaprendolo alla prima pagina – Ma sia chiaro: guai se mi interrompi, guai se fai domande imbecilli, guai se ti lamenti, guai se mi chiedi di saltare dei pezzi, guai
– Ho capito, ho capito – lo ferma Black, sollevando le mani in segno di resa.
– Cominciamo allora – sbuffa Lupin, mettendosi comodo.
Con un colpo di bacchetta, Sirius chiude le tende.
– Che fai?
– Così non disturbiamo Peter.
– Abbiamo sbraitato finora, Padfoot.
– Cominciaaa!
Remus alza gli occhi al cielo (maledicendo James che non è lì a sciropparsi Black con la sindrome di Peter Pan) e comincia – Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che mi interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo.
E Sirius non interrompe, non fa domande imbecilli, non si lamenta e non chiede di saltare i pezzi: semplicemente rimane sdraiato davanti a lui, con la testa poggiata ora sulle mani, ora sulle braccia, e ascolta, guardandolo con due occhi che gli fanno tremare la voce mentre legge, come se non esistesse nient’altro di più interessante al mondo.
A Remus non sono mai piaciute così tanto le tende del suo letto.


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