Long Way Home ~ Capitolo 8: Dubbi

Mezza Tabella Maledetta TRC Seishiro, 36. Nascosto

Era trascorsa un’altra settimana, e il libro per Yuuko era stato relegato negli abissi più profondi della mente di Seishiro; in compenso, il negligentissimo cacciatore trascorreva tutte le sue giornate chiuso tra le solide e calde mura della biblioteca, dimentico della neve, della nebbia e della noia.

Con Subaru, ovviamente.

Pur avendo due modi di narrare completamente diversi, avevano scoperto che i mondi era più divertente conoscerli l’uno dai racconti dell’altro, piuttosto che dai libri; Subaru non avrebbe mai immaginato una cosa del genere, forse perché mai, nella sua lunga vita, aveva avuto la possibilità di conversare per così tanto tempo con qualcuno che non fosse suo fratello. O qualcuno che suo fratello non mettesse in fuga nel giro di qualche secondo.

Kamui-chan non lo faceva apposta, no davvero, avrebbe potuto giurarlo: era colpa sua, che era uno incapace di stare lontano dai guai, e per questo suo fratello era costretto ad essere tanto iperprotettivo; e poi, in fondo, quella vita a due gli piaceva: Kamui-chan era il suo gemello, quello che lo capiva meglio di chiunque altro, e perciò lui non correva mai il rischio di essere frainteso o di sbagliare qualcosa. E poi, se erano loro due da soli, lui non correva il rischio di fare del male alle persone…

Non aveva mai parlato così a lungo con nessun altro, al di fuori di suo fratello, e non ne aveva mai sentito il bisogno o la mancanza: se c’era Kamui-chan, tutto era a posto. Completo.

E adesso, invece, sedeva per ore ad ascoltare uno sconosciuto che raccontava… Cosa raccontava? Forse solo il mondo così come lui non l’aveva mai visto.

A Kamui-chan piaceva viaggiare per vedere le cose, o forse solo perché aveva un’indole così irrequieta da fargli venire a noia un posto dopo poco tempo; a lui piaceva viaggiare per conoscere persone nuove, anche se non gli era mai davvero possibile, chiuso nella gabbia della sua anormalità, e quindi i suoi amici erano i viaggiatori che prima di lui avevano toccato i mondi lontani: viaggiava chiuso in una stanza, sprofondato su una poltrona, con l’odore polveroso dei libri come compagnia ed il fruscio della carta come musica. E gli era sempre andata bene così.

Ma il mondo che raccontava Seishiro-san era… era diverso.

Era colore, rumore, sapore, odore, tutte cose che i libri descrivevano bene, ma che lasciavano nei suoi occhi solo le lunghe file nere sulla pagina bianca, il fruscio della carta, il sapore e l’odore appiccicoso della polvere; era come se gli avessero spalancato una finestre davanti al naso dicendo Guarda! Lo vedi? C’è tanto mondo, fuori dalla muraglia di un libro, che rimane lì, solo per farsi ammirare.

E gli venne in mente che, forse, il mondo era più che stare con Kamui-chan, più che vivere sempre e solo in due, tenendo fuori tutto il resto: ma era un pensiero così spaventoso che lo cacciò subito via.

 

~*~

 

C’era un gusto speciale nel parlare a quel ragazzo: ascoltava come Fu-chan quando era bambino, come, invece di limitarsi a raccontare le cose, riuscisse a crearle al solo nominarle, come un mago che estrae gli oggetti dal suo cappello vuoto.

C’era l’incanto di due occhi che lo osservavano ma, in realtà, guardavano lontano, alle cose che descriveva, l’esilissimo legame che si veniva a creare tra un narratore ed il suo ascoltatore, retto dalla tacita fiducia del secondo, che si prestava a credere a tutto ciò che veniva detto, ed il primo, che aveva l’obbligo morale di non mentire; l’aveva imparata raccontando le sue storie preferite a Fu-chan, quella regola, e la riscopriva adesso, anche se sotto una luce diversa.

Fuma diceva di voler viaggiare per conoscere gente nuova, per stringere amicizie, per vivere l’universo intero in compagnia: lui viaggiava solo per se stesso, ed i legami umani erano spesso un fastidioso legame che poneva limiti a ciò che faceva; sin dall’inizio, aveva relegato i rapporti con gli altri al minimo indispensabile, persino con Yuuko, forse solo per pigrizia al pensiero di spendere energie in qualcosa verso cui non provava reale interesse, né vero bisogno.

Eppure adesso aspettava con ansia di rivedere un ragazzino timido, con un sorriso impacciato sulle labbra, che somigliava ad una bambola, nel suo silenzioso ascoltare, oppure un grande narratore, quando prendeva la parola per narrare ciò che aveva conosciuto.

Seishiro descriveva mondi visti e che desiderava vedere, e, per la prima volta, pensò che non aveva tutti i torti, suo fratello, a pensare che viaggiare da soli fosse noioso; per la prima volta pensò che sarebbe stato bello vedere qualcosa ed avere qualcuno a cui mostrarla.

Magari ad un’esile bambolina dai grandi occhi verdi.


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