Long Way Home ~ Capitolo 5: L'incontro

Mezza Tabella Maledetta TRC Seishiro, 26. Incontro

Seishiro compì gli anni a novembre, in un paese immerso nella neve.

Yuuko lo aveva spedito lì per cercare un libro sciogli-maledizioni, ma in quella landa abbandonata era a dir poco incredibile che esistesse qualcosa di anche solo vagamente interessante, si disse il ragazzo; aveva girato a lungo, intabarrato in un mantello pesante, per le stradine innevate di quell’angolo di universo desolato, senza trovare nulla di anche solo lontanamente utile.

Come se non bastasse, nulla in quel luogo lo interessava minimamente: c’erano solo neve, freddo, nebbia e cumuli di vecchie storie e superstizioni, nient’altro; non che le favole non lo interessassero, ma si trattava di un bottino decisamene scarso per lui. E poi, soprattutto, dopo più di due mesi di ricerche, il dannato libro non era ancora saltato fuori.

 

~*~

 

Quella sera sedeva annoiato ad uno ad uno dei tavoli dell’unica locanda del paese: un edificio poco più grande di una casa, con la cucina, i bagni e la sala da pranzo al pianterreno e cinque stanzette al piano superiore; abitava lì dal primo giorno in cui era arrivato, ed era forse l’unica cosa di cui non poteva lamentarsi: la gente del posto era così placida che persino gli ubriachi non riuscivano ad essere molesti, la cucina era buona e la stanza umida, ma con un piccolo camino sempre acceso. Era seccante doversi lavare in un mastello davanti al fuoco e vivere senza l’acqua corrente e la luce elettrica, ma aveva buone letture con sé e la noia non gli era pesata, i primi tempi.

Adesso che i “primi tempi” erano però finiti, iniziava a sentire il peso della noia e dell’irritazione.

L’ostessa gli aveva appena portato la cena, quando un insolito tafferuglio si era alzato nella sala.

– Non ti azzardare mai più a toccarmi, uomo!

Seishiro si voltò sorpreso: era un individuo infagottato in un vecchio mantello, quello che aveva parlato, ed era certo si trattasse di un ragazzino, sia per l’altezza che per il timbro della voce. In barba a questa ipotesi, però, il “ragazzino” aveva steso un uomo grosso il doppio di lui, che adesso lo fissava spaventato dal pavimento.

L’oste accorse, anche lui sconvolto da una situazione impensabile in un paese tranquillo come quello – Che succede, signore?

– Questo individuo mi è venuto addosso – sibilò la figura incappucciata.

L’uomo, nel vederlo, sbiancò, come se fosse una sua vecchia conoscenza – So… sono mortificato, signore… Sono-sono certo che quest’uomo non intendeva darle noia…

– L’ha fatto, però – ringhiò ancora la figura intabarrata. Sbatté con malagrazia qualche moneta sul tavolo, mostrando una mano esile, quasi da ragazza, e se ne andò a passo svelto.

Seishiro lo seguì interessato finché le ante della taverna non si chiusero alle sue spalle.

– Chi è quello sconosciuto? – chiese all’oste quando passò accanto a lui, ancora un po’ preoccupato, diretto verso il suo bancone.

L’uomo si voltò, sbiancando – Nessuno, signore.

Il ragazzo fece una smorfia divertita – Siete un po’ troppo agitato, per un semplice “nessuno”.

Il locandiere fece una risata nervosa e si rifugiò di nuovo dietro al bancone: Seishiro poté vederlo tracannare un bicchierino di liquore per rinfrancarsi, e la sua curiosità aumentò ancor di più. Purtroppo era notte, la luce nelle strade scarsa e quindi era piuttosto impensabile potersi mettere in cerca dello sconosciuto; si dedicò perciò alla sua cena e si disse che, se quel tipo era così bizzarro, di certo gli sarebbe capitato ancora di incrociarlo.

 

~*~

 

Secondo le uniche ricerche che era riuscito a svolgere, la sola collezione di libri del posto era la biblioteca privata di un conte, unico aristocratico rimasto nel paese ed unico padrone, di fatto, del luogo.

Dopo settimane di attesa, la sua richiesta di poter consultare i preziosi volumi venne accordata, e Seishiro, un mattino, ben intabarrato nel suo mantello e sotto una neve leggera leggera, si avviò verso la residenza, un edificio piuttosto malridotto che dominava la città. L’interno, per fortuna, era messo meglio, anche se arredato con uno stile troppo appariscente per il suo gusto: sembrava che il padrone di casa avesse ammassato tutti gli articoli della sua collezione lungo le pareti e nelle sale della sua dimora, notò il ragazzo storcendo il naso. Era incredibile come degli oggetti di valore assomigliassero alla paccottiglia, se messi in malo modo.

In compenso, se il corridoio e le altre stanze in cui era passato erano piuttosto freddi (il padrone di casa abitava al piano nobile e riscaldava solo le camere che utilizzava), la biblioteca era un ambiente sobrio e ben riscaldato. Seishiro vi entrò con un sospiro beato, felice di trovarsi, finalmente, in un luogo di suo gusto, ed iniziò subito a scorrere le lunghe file di libri, divise per argomento, fitte e ben ordinate, per cercare il libro che Yuuko aveva richiesto.

Ben presto, però, quel pensiero venne scalzato dai titoli interessanti che incrociava nella sua ricerca: testi di magia, storiografia, antiche credenze, miti e leggende… La già labile volontà di stanare il libro per la Strega delle Dimensioni si dissolse del tutto quando trovò un intero scaffale di diari di viaggio di uomini, sapienti, guerrieri, cacciatori ed esploratori: con gli occhi che brillavano, ne scelse uno e sprofondò nella poltrona più vicina; a differenza di tanti altri testi del genere consultati in precedenza, questo aveva una grafia nitida e piuttosto grande, tanto che terminare quel primo volume, rapito da vicende che descrivevano luoghi incredibili e creature fantastiche, gli portò via solo un paio d’ore. Lo chiuse soddisfatto e si alzò per cercare il secondo, impaziente di scoprire se il mitico tempio a cui quel cacciatore aveva dedicato tante pagine conteneva davvero le meraviglie decantate dalle leggende.

Ma, al posto del tomo, c’era un vuoto.

Seishiro si guardò attorno stupito e, solo in quel momento, notò che, al tavolo in fondo alla stanza, quello più vicino al fuoco, c’era una piccola pila di libri, ed il lembo scuro di un mantello sbucava dalla poltrona dallo schienale alto che gli dava le spalle.

C’era qualcuno e lui non se n’era accorto?

Assurdo: i suoi sensi non l’avevano mai tradito; doveva trattarsi di certo di qualcuno molto abile a celare la propria presenza. Sorrise, finalmente divertito: quel posto non era un totale mortorio, dunque; che si trattasse dello sconosciuto che aveva fatto baruffa nella taverna?

Si mosse silenziosamente verso la poltrona: nessuna reazione.

Possibile che fosse tanto arrogante da non degnarlo della sua attenzione, non valutandolo come una potenziale minaccia? Il pensiero appiccicò un vago senso di irritazione all’umore fino a quel momento calmo; tra l’altro, quel tizio aveva il libro che lui voleva leggere.

Avanzò ancora, pronto a difendersi da un eventuale attacco, e sbirciò da sopra lo schienale la figura dello sconosciuto.


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