Long Way Home ~ Capitolo 47: L'ultima sera

Mezza Tabella Maledetta TRC Seishiro, 31. Felicità

Aveva portato a Fuma una tazza di tè ed era rimasto ad osservare i gesti che, una volta, erano stati suoi (anche se i suoi erano molto più ordinati!): raccogliere vestiti, libri e oggetti, disporli ad incastro nella borsa, tenendo conto della loro forma, ma anche del grado di utilità, scegliere cosa lasciare e cosa portare. Si era soffermato il tempo strettamente necessario per non essere molesto durante quel rito che sapeva come assolutamente privato, e poi era uscito dalla stanza che, in quelle notti, avevano condiviso, come da bambini; nel buio della stanza dei gemelli sentì il respiro di Kamui e sorrise, per un attimo, davanti a quell’orgoglio testardo.

Scese le scale, dondolando il manico di rozza porcellana della tazza vuota, e arrivò in cucina, dove Subaru sedeva silenzioso davanti al fuoco, le fiamme che lanciavano fiamme rossastre sul suo viso.

– Hai lasciato tuo fratello solo nel suo esilio in camera? – chiese.

Il ragazzo non rispose, ma c’era una nota di tensione, nell’aria, che costrinse Seishiro a voltarsi: gli sfiorò i capelli con una carezza, e solo allora il vampiro si mosse e lo guardò;c’erano, finalmente, si disse il Cacciatore. Tanto valeva buttare le carte in tavola e non girarci troppo attorno – Non mi arrabbio se vuoi rimanere con tuo fratello.

– Tu e Kamui-chan nella stessa casa? Come tenere due galli nello stesso pollaio, Seishiro-san.

– E allora bisogna fare delle scelte, Subaru-kun.

– Non sono mai stato tanto capace di farne.

Seishiro non disse che ne era più che certo, ma si limitò ad un neutrale – Perché?

– Perché quando si sceglie si perde sempre qualcosa.

Yuuko-san non avrebbe saputo dirlo meglio, pensò il Cacciatore; ma, nel caso di Subaru, le “perdite” erano inscindibilmente legate alle persone, a differenza sua – Dobbiamo farne tutti, volenti o nolenti – rispose, quasi più a se stesso che a lui.

– Io l’ho fatta – rispose il vampiro, guardando il fuoco – In un certo senso, l’ho fatta da molto tempo, da quando ci siamo rivisti e tu mi hai portato via da mio fratello.

Eccola lì, la risposta, pensò: sgradevole come un bicchiere che si crepa, tagliente come i cocci.

– Subaru-kun… – che c’era da aggiungere?

– Io e Kamui-chan non possiamo rimanere insieme – sussurrò – Perché finisce sempre che ci chiudiamo e non viviamo davvero; finisce sempre che non andiamo da nessuna parte e io… – Subaru sollevò lo sguardo su di lui e Seishiro non riuscì neppure a pensare all’eventualità di vedersi preferire quel gatto isterico, di perdere tutto; di colpo, persino la smorta quotidianità in quel mondo squallido gli parve desiderabile – Io voglio stare con te.

Di colpo, al Cacciatore mancò il fiato: rimase a guardare quel volto deciso e un po’ sofferente che sembrava chiedere conferma, o forse soltanto una carezza di assenso; era una risposta che aveva sperato, ma che non si era aspettato di sentire: non aveva immaginato come sarebbe stato, che voce avrebbe avuto il vampiro, che espressione gli avrebbe rivolto. Oppure, più semplicemente e vigliaccamente, si era costretto a non figurarsi una scena che avrebbe potuto tranquillamente non verificarsi mai.

Avrebbe voluto dirgli un’infinità di cose, in quel momento di assoluto e meraviglioso vuoto mentale, come se la felicità che non si era aspettato davvero di ottenere avesse spazzato via tutto, ma trovò le labbra di Subaru così belle e così malinconiche, alla luce rossastra del fuoco, che preferì baciarlo e lasciare che la testa rimanesse vuota, meravigliosamente e accecantemente piena di gioia.


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