Long Way Home ~ Capitolo 45: Dormire insieme

Mezza Tabella Maledetta TRC Seishiro, 06. Gatto

Sua madre aveva un gattino, quando lui era bambino: all’inizio erano preoccupati che potesse essere sbranato dal cane dei vicini, un giocattolo di pochi mesi, ma di certo più grande di lui. Eppure un giorno il micio era scappato e, quando l’avevano ritrovato, se ne stava tutto impettito, col pelo gonfio e le unghiette sguainate che minacciava il cagnolino.

Ecco, Kamui era incredibilmente simile a quel gattino: reagiva alle attenzioni di Fuma nello stesso identico modo, pensò, soffiando e mostrando le unghie, consapevole che non sarebbero servite a nulla, in caso di lotta, ma erano buone solo per far scena.

Aveva sempre preferito i felini ai cani: richiedevano meno attenzioni e, soprattutto, meno effusioni, e capivano perfettamente quando era il caso di richiederle e quando stare fuori dai piedi.

Peccato che quest’ultimo dettaglio non si sposasse affatto con Kamui: quel moccioso aveva l’orribile capacità di piombargli tra le scatole esattamente quando non doveva; già lo seccava che Subaru fosse così preso dalla presenza del fratello, che poi quest’ultimo azzerasse ogni tentativo da parte sua di ottenere un briciolo di privacy era decisamente troppo!

Se lui si metteva a cucinare e, come di consueto, Subaru-kun si sedeva al tavolo a fargli silenziosa compagnia, si poteva star certi che Kamui sarebbe venuto ad appiccicarsi al fratello nel giro di pochi minuti, trascinandolo via appena possibile.

Se avesse deciso di andare al mercato a fare spesa, Subaru-kun gli sarebbe stato strappato da vicino nel giro di mezzo secondo.

Se, dopo cena, voleva sedersi in veranda con il suo vampiro, avrebbe potuto scommettere la testa sul fatto che il dannato gattaccio si sarebbe messo a soffiare tanto da far venire i sensi di colpa al suo gemello.

E, soprattutto, era stato estromesso dalla sua stanza: Kamui aveva preteso, senza neanche tentare di chiederlo in maniera civile, di dormire con Subaru; aveva fatto una smorfia, ma poi, davanti all’espressione immalinconita dell’oggetto del contendere, aveva pensato che, come lui aveva piacere di stare con suo fratello, così doveva essere anche per il suo vampiro. Solo che, mentre i due gemelli entravano comodamente nello stesso letto, per lui e Fuma l’impresa era quasi impossibile.

– Sei cresciuto troppo, Fu-chan – commentò Seishiro, costretto a spiaccicarsi contro la parete per non far cadere l’altro fuori dal letto.

– Tutta invidia, niisan – ghignò il fratello.

– Ti piacerebbe, eh? – commentò il maggiore, allungandogli un calcio – Eri decisamente più maneggevole l’ultima volta che abbiamo dormito insieme.

– Anche perché il letto di casa era il doppio di ‘sta branda scassata.

– Potrei facilitarti le cose buttandoti sul pavimento – meditò Seishiro – Sono sicuro che le assi mezze marce ti risulterebbero più comode, che ne pensi?

– Mhmm, magari un’altra volta!

Con un sospiro teatrale, il maggiore dei due fratelli si accoccolò contro il muro, sentendo, dietro la schiena, un calore molto diverso da quello di Subaru, che di solito si accoccolava piano piano contro le sue spalle, quasi avesse paura di disturbare; gli ricordò l’ultima volta che avevano dormito insieme, lui e Fuma, l’ultima notte che aveva trascorso a casa, con il suo fratellino – di solito così determinato a mostrarsi coraggioso – che si era presentato sulla soglia della porta con il cuscino in mano e gli occhi lucidi.

 

Cosa c’è, Fu-chan?, aveva chiesto, sorpreso, mentre ancora sistemava le cose nella sua borsa.

Seishiro-niisan, aveva bofonchiato, posso dormire con te, stasera…?

Lo aveva guardato in silenzio per un attimo, quel bimbo che aveva cresciuto praticamente con le sue mani, e si sentì in colpa: tolse di mezzo le sue cose dal letto e gli fece cenno di saltarvi sopra, cosa che Fuma fece di corsa, affondando beato sotto le coperte.

Tu dormi, io sistemo queste cose, gli aveva sussurrato, rimboccando le lenzuola.

Ti aspetto, aveva risposto.

D’accordo, aveva riso, affrettandosi a ricontrollare tutto: non mancava niente, e due grandi occhi castani lo guardavano dal groviglio di coperte; si sistemò, spingendolo dal lato del muro affinché non cadesse durante la notte, e spense la luce.

Avvertì il capo del bambino poggiarsi contro la sua schiena e sentì un singhiozzo soffocato.

Ti voglio bene, Fu-chan, bisbigliò, senza voltarsi, ti voglio bene anche se parto. Un giorno capirai.

Il piccolo aveva annuito e si era addormentato.

 

– Dormi, niisan?

– No, sto troppo scomodo per farlo.

– Che uomo pesante!

– Ti faccio notare che il materasso pende pericolosamente dal tuo lato.

Gli arrivò un calcio e lui lo restituì.

– Sai a che pensavo, niisan?

– No.

– All’ultima volta che abbiamo dormito insieme.

– Sentimentale!

– Tanto lo so che ci stai pensando anche tu!

– Illuso!

Con uno spintone che somigliava ad un abbraccio, Fuma lo spinse contro il muro – Adesso l’ho capito, niisan.

– Cosa?

– Cosa intendevi quella notte. Ora lo so.

Seishiro sorrise, come se quel bambino in lacrime lo avesse finalmente perdonato – Ne sono felice, Fu-chan. Davvero tanto.

 


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