Long Way Home ~ Capitolo 30: La fuga

Mezza Tabella Maledetta TRC Seishiro, 22. Ghiaccio

Tutto preso dalla sua irritata soddisfazione, Seishiro trascorse il resto della mattina ignorando palesemente Subaru: mangiò, lesse e si perse a catalogare alcuni oggetti che aveva trovato negli ultimi viaggi, cose che lo avevano attratto tanto da strapparlo dall’ossessione della sua caccia: del resto, era pur sempre un cacciatore, no? 
Si accorse che la casa era stranamente silenziosa solo a metà pomeriggio: l’inverno rendeva le giornate più corte, e la luce del sole, infatti, iniziava a farsi sensibilmente più debole; si concentrò sui rumori provenienti dalle altre stanze, ma non udì nulla: certo, Subaru era un tipo incredibilmente silenzioso, come se avesse sempre paura di dar noia, ma non poteva essere così silenzioso. 
– Subaru-kun? – chiamò. 
Lasciò il tavolo e le sue cose ed iniziò a girare per la casa nel tentativo di trovare il suo coinquilino, ma fu solo dopo aver aperto l’ultima porta si accorse che no, Subaru non era più in quella casa. 

~ * ~ 

Non sembrava aver portato via nulla con sé, si disse Seishiro mentre arrancava nella neve; l’ultima intensa nevicata c’era stata al mattino ed ora, complici il freddo e l’avvicinarsi della sera, quel soffice e farinoso mantello bianco si era rapidamente mutato in ghiaccio, come una granita: si infilava negli stivali ed era difficile da scacciare dal mantello, tanto che dopo un po’ smise di provarci. Il suo respiro lasciava delle nuvolette bianche nell’aria e il vento stesso sembrava fatto di lame di ghiaccio, perché colpiva la sua pelle con la violenza di una lama: pensò a quello stupido ragazzo solo, in mezzo a quel mare gelato, e l’idea lo rese furioso. Non lo disse, neppure a se stesso, ma sapeva di essere il solo responsabile. 
Arrancò tra i campi coperti ed irriconoscibili, tra gli alberi da frutto ammantati di neve ghiacciata, tanto che neppure il vento sembrava poterla spostare, fin quasi al tramonto, prima di trovarlo: se ne stava tutto raggomitolato nel suo mantello ai piedi di un abete, che forniva una ben misera protezione contro il freddo. 
– Che diavolo ci fai, qui?! – non avrebbe dovuto essere arrabbiato, visto che era proprio stata la sua intemperanza ad aver causato quella fuga assurda, ma trattenersi, complici il freddo, la stanchezza e l’ansia, gli risultava impossibile – Non puoi scappare da questo mondo e non hai neanche un posto dove andare: possibile che la mia presenza ti sia così maledettamente indigesta da scegliere di venire a morire qui come un cane randagio?! 
Subaru non rispose, ma tirò su col naso: aveva le labbra livide, gli occhi gonfi e sembrava stranamente sollevato di esser stato ritrovato; Seishiro si costrinse a rimandare la sua invettiva e, afferratolo per un braccio, lo sollevò di peso, iniziando a tirarlo verso casa – E guai a te se tenti un altro scherzo – sibilò. 
Ma, come la prima volta che lo aveva afferrato in quel modo, Subaru si lasciò docilmente condurre, senza provare minimamente a sfuggirgli.


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