Long Way Home ~ Capitolo 13: Preda

Mezza Tabella Maledetta TRC Seishiro, 24. Incubo

Subaru si staccò con lentezza esasperante dalla sua pelle, e la presa sulle sue spalle si fece fragile, tremante; teneva il capo basso, e Seishiro poteva vedere i ciuffi sulla fronte, più lunghi, sussultare al fremito del corpo del suo padrone.

Sollevò il volto del ragazzo con la punta delle dita e vide gli occhi di nuovo verdi, la pupilla nera, liquida, annebbiata di lacrime, gli screzi verdi tremolanti come l’acqua di un lago; lasciò scivolare il palmo contro la guancia rossa ma gelata, aderendovi come l’argilla su uno stampo.

Schiuse le labbra per dire Non è successo niente, ma la porta si spalancò, come se fosse stata divelta dalla furia di un tornado, e due occhi furiosi, dorati, identici a quelli che lo avevano fissato fino a qualche istante prima, lo guardarono.

Quello doveva essere “Kamui-chan”, si disse: simile a Subaru nella snellezza, nei tratti delicati del viso, nella folta chioma scura, nella pelle candida come alabastro, ma non nell’espressione, furente come quella di una belva che vede violato il suo territorio.

– Tu – sibilò, una tonalità così bassa e ringhiante che mise in allerta, in un istante, i sensi di Seishiro: non c’erano dubbi, era lo sconosciuto della taverna, ed un avversario per niente agibile.

– Ka-Kamui-chan – balbettò Subaru, gli occhi che non riuscivano più a trattenere le lacrime – Non è colpa sua! Sono stato io…!

Non finì la frase: i due contendenti balzarono in piedi, squadrandosi come belve fameliche, valutando a vicenda la forza dell’avversario, immobili, perché ogni minima mossa poteva essere la chiave della vittoria o della disfatta.

E la parola “sconfitta” non sembrava essere contemplata, in quel duello.

Furioso come una tigre inferocita, Kamui si scagliò contro il nemico, gli occhi color oro che mandavano bagliori simili ai fulmini sul mare, quando infuriava la tempesta; aveva uno stile di lotta che Seishiro non aveva mai visto e che perciò gli era tanto più difficile contrastare: era un misto di velocità e forza che non sarebbe possibile in un umano, e se ne accorse sin dal primo affondo, fortunatamente a vuoto. Lo scaffale ed il suo contenuto si sbriciolarono come cenere, nel punto colpito, e decine di libri franarono addosso a loro, come una grandinata di sassi.

Incuranti delle suppliche di Subaru, che tentava invano di trattenere il fratello, la battaglia si spostò nella zona dei tavoli, che finirono rovesciati e scheggiati nel giro di pochi secondi; la caduta di poco prima aveva rallentato i movimenti di Seishiro, che comunque, anche al massimo della forma, difficilmente avrebbero saputo tener testa alla furia del suo avversario, che si muoveva con la rapidità di una lingua di fuoco.

Era la prima spaventosa volta che si ritrovava dalla parte del più debole: la prima che sperimentava una pioggia di colpi che riusciva a parare solo in minima parte, la prima che assaporava il gusto del suo stesso sangue, la prima che assaggiava l’amaro calice della sconfitta. Come in un incubo, si trovò messo all’angolo, come un animale in trappola sul punto di essere ucciso da un cacciatore ghignante, dalle lucide ed affilate armi in pugno.

E il colpo arrivò, dritto nello stomaco, lacerando la carne con degli artigli spaventosamente affilati, rovesciando Seishiro a terra come se fosse stato colpito da cinque coltelli.

Il dolore gli annebbiò la mente per un istante, sufficiente a dargli la piena misura che sì, stavolta era davvero finita.


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