Quadrifoglio ~ Narrativo

Mille ed una storia, 04. Narrativo

Takemoto posò con un sospiro soddisfatto i suoi attrezzi: era a buon punto.
– Takemoto, che fai? Non vieni a mangiare? Guarda che ci sbafiamo tutto noi! – chiamò Rokutaro.
– Cosa?! – gemette il ragazzo, scattando in piedi – Non potete, ho cucinato tutto io!
Il mondo, fuori dall’imponente tetto del tempio di Morioka, era abbagliante: la ghiaia splendeva come neve, le fronde imponenti degli alberi sacri, cinti da enormi corde bianche, brillavano come smeraldo nell’aria immobile e satura di umidità; il frinire delle cicale era assordante lì, molto più che a Tokyo, dove veniva in parte coperto dal rumore del traffico. Shin gli fece cenno di raggiungerlo: i suoi colleghi si erano sparpagliati sull’erba di un prato al di là del torii d’ingresso del tempio, una piccola radura ombrosa, circondata dagli alberi; sembravano tutti, lui compreso, un branco di disperati, sfatti dal caldo e dalla stanchezza, visto che, per evitare la spaventosa calura estiva, iniziavano a lavorare alle prime luci dell’alba, facendo colazione mentre era ancora notte fonda. Ma sembravano anche un gruppo di bambini in gita: non quelli di città, però, ma quelli cresciuti tra le risaie e l’erba alta e i fiumiciattoli di campagna, come quelli del suo paese natale; scoperchiavano i loro bento come fossero pacchi di Natale, felici di trovarli pieni di cose buone, scambiandosi a vicenda qualche onigiri, qualche crocchetta, e accoglievano Takemoto con allegria.
– Da quando quel ragazzo è con noi, il pranzo e la cena sono i momenti migliori della giornata! – esclamavano.
E Takemoto si sentiva non meno utile ed orgoglioso di quando finiva di restaurare qualcosa.

~*~

In estate la pausa pranzo era più lunga, sia perché la stanchezza era maggiore, sia perché era impensabile lavorare nelle ore più calde; persino il frinire delle cicale non riusciva ad impedire che qualcuno si mettesse a sonnecchiare sull’erba, vinto dalla piacevole sensazione della pancia piena e della frescura.
Takemoto si accomodò col suo bento e prese a mangiare lentamente, pensando a cosa poteva preparare per cena; il budget per i pasti gli sembrava enorme, abituato com’era agli spiccioli con cui doveva arrangiare i pasti fino a qualche mese prima, quando viveva ancora a  Tokyo; spesso, nel dormiveglia del mattino, quando sentiva i rumori provenire dalle altre stanze della pensione nella quale lui ed i suoi colleghi si erano stabiliti per la durata di quel lavoro, gli sembrava di trovarsi ancora nel suo appartamento da studente, e che quel rumore lì fosse di Mayama che si preparava per uscire, quell’altro di Morita che rientrava a casa non si sa da dove. Quando apriva gli occhi, assonnato, gli occorreva anche un minuto per ricordarsi dov’era e che quella vita lì era finita.
Finita.
Morita in America, a lavorare con quel regista assurdo, Mayama in Spagna, al fianco della sua adorata Rika, Ayumi a Toyo, dove i suoi vasi cominciavano ad essere sempre più richiesti, Hagu… Hagu continuava, con spaventosa tenacia, la rieducazione della sua mano destra; Ayumi gli aveva spedito una foto di loro due che modellavano l’argilla, annunciando che i risultati della riabilitazione si vedevano. Aveva scritto che si stavano dedicando a modellare dei piccioncini e, sotto dettatura di Hagu, che gliene avrebbero spedito uno.
Non voleva pensare a chi c’era al fianco della piccola artista; non era geloso, né tantomeno arrabbiato, ma… Sentiva che doveva trascorrere ancora del tempo, prima di rivederla; doveva lavorare di più, diventare più bravo, più forte, più uomo: poi sarebbe tornato a Tokyo ed avrebbe potuto sorriderle limpidamente e tutto sarebbe tornato a posto. Ogni ricordo sarebbe stato luminoso, sereno, e non più accompagnato da un acuto senso di malinconia.
Il suo bento era finito: lo richiuse e lo ripose nella sua sacca, poggiando poi la schiena contro il tronco che aveva alle spalle. Lo sguardo, un po’ assonnato, si perse nell’erba verde scuro davanti a lui.
E lì, nascosto da miriadi di altri ciuffi dello stesso colore, vide un quadrifoglio.
Rimase immobile, con gli occhi sgranati e brucianti per la sonnolenza e la luce abbagliante del sole, poi si tese per toccarlo e, come in un flash, rivide se stesso, Hagu, Ayu-chan, Mayama e Morita sulla riva del fiume che portava a casa del professore, con le mani e le ginocchia sporche, a cercare quel quadrifoglio che non si trovava, tutti insieme, come bambini, chiamandosi da un capo all’altro di quel prato sterminato. E rivide Hagu, ritta contro il tramonto infuocato, i lunghi capelli scompigliati, su cui si poteva veder qualche filo d’erba, e le mani, quelle cosine minuscole capaci di tirare fuori dal niente capolavori che lasciavano con la bocca aperta ed il cuore gonfio chi li guardava, imbrattate di terra e verde, così come la parte inferiore di quel vestito infantile, come una bambinetta che aveva giocato a rotolarsi per ore; rideva con Ayumi, non ricordava per cosa, ma rideva, e quella per lui era una benedizione più grande di qualsiasi quadrifoglio; Mayama e Morita si beccavano e cercavano, ma sorridevano anche lolo, intenti in quella ricerca che poco aveva a che fare con un gruppo di ventenni universitari, ma molto con dei bambini che giocavano senza preoccuparsi del futuro.
Erano felici, di una gioia semplice che allargava il cuore, e c’era Hagu, con  quella forza abbagliante come il sole alle sue spalle, che infiammava i suoi capelli come la scia di una cometa.

~*~

– Takemoto? Hey, Takemoto? – Matsu si avvicinò al ragazzo.
– Che ha? – chiese Rokutaro, seduto poco più in là.
– Niente – rise l’altro, dev’essersi addormentato per la stanchezza. Ma guarda! – aggiunse – Ha trovato un quadrifoglio!
Ma Takemoto non lo sentì e continuò a dormire placido, con il suo quadrifoglio tra le dita.
Felice.


Archivio recensioni
Su Ao3


Credits & disclaimer

Phantasma © di Michiru, dal 7 gennaio 2007
Tutte le fanfictions ed alcuni dei banner che troverete qui sono © di Michiru, le canzoni, le citazioni ed i personaggi appartengono invece ai rispettivi autori. E' assolutamente vietato prelevare qualunque cosa da questo sito senza mio esplicito permesso. Sito non a scopo di lucro.
Layout © Juuhachi Go
Patterns © Photoshop Stock