Klaine Advent 2015 - Giorno 23
Kurt non era tipo da farsi gli affari altrui, nemmeno quando era in metro; certo, non impedire alle sue sopracciglia di alzarsi di fronte ad un abbinamento osceno, un’acconciatura sgraziata, o al suo cervello di prendere appunti di fronte ad un outfit particolarmente azzeccato, o ad un accessorio che sarebbe stato carino reinventare.
Solo che quel giorno si trovava accanto un ragazzo, beh, carino, dove “carino” stava per “non riesco a toglierti gli occhi di dosso da quando sono salito in metro”.
E adesso stava piangendo: impossibile non notarlo, malgrado cercasse di affondare il viso nella sciarpa e avesse gli occhi fissi sullo schermo del cellulare, aveva gli occhi rossi, le ciglia (lunghissime) inzuppate di lacrime e ogni tanto tirava su col naso arrossato.
E lui, beh, non riusciva a non farci caso, perché... perché la gente di solito è bruttina quando piange, no?, mentre quello non era per niente il caso; era quasi arrivato alla sua fermata e fece per alzarsi, incerto se fare qualcosa – cosa, poi?
Alla fine, a tre fermate dalla sua destinazione, scattò in piedi, travolgendo una delle buste della spesa di una signora (che lo guardò malissimo), e si avvicinò al sedile del ragazzo, interdetto e di colpo nel panico da E ora che faccio?
Si frugò in tasca, recuperò un fazzolettino pulito e glielo porse, dovendo tossicchiare per essere notato e poi, notate le cuffie, spingendolo nel suo campo visivo: funzionò, perché il ragazzo si riscosse di colpo e alzò su di lui la coppia di occhi umidi da cucciolo bastonato più devastante che gli fosse mai capitato di incrociare (Oh mio Dio, i tuoi genitori non possono averti mai punito nella vita, a stento si sopravvive a quella faccia!, pensò).
– Sì?
– Ti ho visto piangere e pensavo che... insomma...
– Oh – il ragazzo prese il fazzoletto, asciugandosi gli occhi – Grazie, non-non pensavo che qualcuno se ne accorgesse, due sere fa ho visto un tipo sulla sedia a rotelle che cercava di inseguire un borseggiatore e il resto del mondo sembrava non sentirlo nemmeno.
– Credo sia quello che chiamano “alienazione” – commentò Kurt.
– Blaine – rispose il ragazzo, ormai più tranquillo, porgendogli una mano.
– Kurt – rispose lui, dicendosi che anche asciutti, quegli occhi potevano far tremare le ginocchia – Senti, stai... bene? Non per farmi i fatti tuoi, ma, insomma...
In quella la metro fermò e Kurt si avvide con orrore che erano arrivati alla sua destinazione: era quasi sul punto di lasciar perdere, quando Blaine scattò in piedi e gli disse – Io sarei arrivato.
– Oh. Veramente anch’io.
– Sul serio?
– Vado alla NYADA.
– Non ci credo... Anch’io!
Si ritrovarono fuori dalla banchina, cercando di non venire travolti dalla massa umana che scendeva e quella in procinto di salire – Pensavi che fossi una specie di molestatore di ragazzi in lacrime sui mezzi pubblici? – chiese Kurt, cercando di non arrossire.
Blaine gli gettò un’occhiata di apprezzamento e rispose – Beh, in questo e solo questo particolare caso, non mi sarei opposto.
– ... Oh.
– Oh.
– Allora anche tu sei...
– Gold Star Gay?
– E vai alla NYADA.
– Già.
– Oh – mio Dio, sono in una commedia romantica di Hollywood – Quante coincidenze – blaterò invece, sentendosi mancare la voce.
Blaine rise e gli fece cenno di seguirlo su per le scale.
– Senti, ma... stai meglio? – non potè trattenersi dal chiedere ancora Kurt.
– Perché? Oh, già – esclamò Blaine, mettendosi una mano sugli occhi e scoppiando a ridere – Dovrei smetterla di Guardare Il Re Leone quando sono in pubblico.
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