Stairway to Heaven ~ VII. Dove il Male vuole sovvertire le regole, ma non lo ammette (e, se è per questo, manco se ne accorge)

Kurt
Hey, partner, hai trovato quelle informazioni di cui mi avevi parlato?

Blaine
Sì! Ci vediamo dopo al museo di Metroman?

 

Kurt
Hey partner, credo di aver trovato un documento importante!

Blaine
Fantastico! Museo di Metroman per le tre?

Kurt
Roger! E ammetto che non mi dispiacerebbe tornare in quella caffetteria dell’altro giorno... stavo per addormentarmi stamattina a lezione.

 

Blaine
Kurt, ho trovato quelle informazioni che volevi

Kurt
Perfetto! Stesso posto, solita ora?

Blaine
Non chiedo altro ❤

Kurt
Pensavo... il prof dell’ultima ora ha dato forfait. Invece di vederci alle tre potremmo fare prima?

Blaine
Conosco un bar tavola calda da quelle parti

Kurt
Non chiedo altro ❤

 

Kurt
Blaine, hai mica il quaderno verde che avevo dietro ieri? Non riesco più a trovarlo!

Blaine
Sì, l’avevi lasciato sulla sedia del ristorante ieri sera e l’ho preso io

Kurt
Oh grazie al Cielo, temevo di averlo perso! C’è la ricetta della cheesecake agli oreo che devo assolutamente provare, o impazzierò – maledette foto di tumblr. Maledette.

Blaine
Gli oreo sono...?

Kurt
Non conosci gli oreo?

Blaine
... no?

Kurt
A casa mia per il tè, dopo il museo. Non posso permetterti di continuare a vivere così!

Blaine
Mio eroe!

 

Kurt
Caffè? Sono in astinenza.

Blaine
Dammi mezz’ora e sono lì <3

 

Kurt
Sto sfornando i biscottiiiiii

Blaine
Kurt ;__;

Kurt
Era un invito, Blaine.

Blaine
Ricordami di farti presente più spesso quanto sei adorabile <3

 

~*~

 

Le settimane passavano e, oltre al tenore degli sms, mutava anche il rapporto tra Nightbird – anzi, Blaine – e Kurt: da “partner” nella ricerca di informazioni sul criminale che aveva conquistato Metrocity senza concedere a nessuno di conoscere quale destino era intenzionato a riservarle, grazie alle ore in biblioteca, erano passati a Blaine che arrivava ogni pomeriggio con caffè per entrambi; e quando al museo di Metroman li avevano quasi cacciati perchè stavano fondamentalmente facendo merenda con il caffè ed i biscotti portati da Kurt, avevano ripiegato su un cafè in quella zona.

Poi, con l’andare dei giorni, la permanenza nel cafè, che non imponeva di doversi esprimere solo a bisbigli, aveva iniziato a pareggiare quella del museo; e poi erano arrivati i primi inviti a casa di Kurt (Purtroppo ho un coinquilino che tiene la casa un disastro, un lavoro da bibliotecario non paga così tanto da poterlo cacciare fuori e affittare un’impresa di pulizie per bonificare la casa, era la giustificazione di Blaine), perchè Nightbird era completamente affascinato dalla cucina domestica: Cooper non cucinava e vivevano praticamente di take away da quando aveva memoria, e lui fissava rapito come roba random, messa insieme, desse delle reazioni chimiche del genere.

– Cielo, Blaine, capisco la tua ossessione per la chimica e la meccanica, ma non chiamare la mia red velvetreazione chimica, potrebbe offendersi e vendicarsi sul tuo stomaco – rise Kurt, la prima volta che gli ebbe spiegato perché, oltre al lievito chimico, stava usando il bicarbonato e l’aceto di mele.

– No, non volevo offenderla, ci mancherebbe – si era affrettato a rispondere Blaine – Solo che è affascinante come della roba diventi... altro.

– Beh, la mia red velvet ti ha appena perdonato – commentò Kurt, infornando la teglia – Nessuno l’ha mai definitaaffascinante.

– Oh, lo è – rispose Nightbird senza pensare – Come te, del resto.

Il criminale non era pratico di relazioni sociali, se ne rendeva conto ogni giorno di più frequentando Kurt: rimase a fissarlo perplesso, infatti, quando l’altro chiuse il forno con un colpo secco e balzò in piedi, le guance rosse e l’aria leggermente affannata.

– Tutto bene?

– Sì! – rispose Kurt, la voce di un’ottava superiore al solito.

– Hai le guance rosse?

– Il forno! Caldo! Ho la pelle sensibile e quindi il caldo, rosso, niente di grave, nessun problema!

Nightbird lo guardò, sempre più perplesso, mentre si aggirava per la cucina con aria impacciata e raccattava roba che infilava a caso nella lavastoviglie.

– Davvero non hai mai neanche visto preparare una torta? – chiese Kurt un’ora più tardi, seduti al tavolo scassato della cucina del loft che occupava con la sua coinquilina Rachel (Fortunatamente oggi è al giornale, aveva detto il padrone di casa).

– A… a casa mia non si cucina. Cioè, non siamo capaci, è più facile comprare tutto già fatto.

Kurt sgranò gli occhi da sopra il bordo della sua tazza di tè – Non dico adesso, dico quando vivevi ancora con i tuoi genitori. Non cucinava nessuno?

– Ah – balbettò Nightbird, preso in contropiede – Beh, no, sai... Non so. Sono morti quando avevo una settimana circa, quindi non so esattamente se cucinassero o chi lo facesse.

– Mi dispiace, Blaine – bisbigliò di colpo Kurt, tendendosi a coprirgli una mano con la sua – Io ho perso mia madre, ma ho sempre avuto mio padre e lui è-è fantastisco e non riesco neanche ad immaginare come sia stato per te.

Rimasero qualche istante così, Kurt che lo fissava con gli occhi più lucidi e più azzurri e più dannatamente belli che avesse mai visto e Nightbird che tentava di processare il calore di quella mano posata sulla sua, ma gli sembrava di essere un computer impallato per le troppe informazioni; poi, come se fosse scattato un qualche interruttore, Kurt sembrò rendersi conto del suo gesto e, tornando ad arrossire lievemente (gli si vedevano delle minuscole lentiggini sull’attaccatura del naso, quando succedeva, ed era la cosa più adorabile che gli fosse mai capitata di notare, pensò Nightbird), fece per allontanare la mano – che però l’altro afferrò al volo, stringendola per la punta delle dita – Non c’è problema – disse, non sapendo neppure lui a cosa si stesse riferendo in particolare.

Kurt sembrò rilassarsi, anche se il rossore si diffuse di più sul suo viso, e lasciò ricadere morbidamente la mano trattenuta, sfiorando quella di Nightbird con il pollice in una specie di carezza – Quindi come... se posso chiedere. Come sei cresciuto?

– Sono rimasto con Cooper, si è preso cura lui di me, i miei genitori lo avevano program-educato appositamente.

– Hai tanti anni di differenza da tuo fratello, allora!

Nightbird rimase un istante perplesso a chiedersi di quale fratello si stesse parlando – e poi si rese conto che Kurt doveva riferirsi a Cooper.

Fratello? Beh, no, Cooper era... e poi si rese conto che non aveva mai neppure pensato ad un modo per definire Cooper; perché non ce n’era mai stato bisogno, perché erano sempre e solo stati loro due, perché Cooper era, come il colore dei suoi occhi o il fatto che senza gel i suoi capelli erano ingestibili. Coop gli aveva fatto da padre, ma non avrebbe mai potuto vederlo in quel modo (anche perchè non sapeva esattamente cosa fosse un padre e i film gli avevano sempre dato informazioni troppo contrastanti per farsene un’idea chiara), era stato il suo insegnante (ma era anche quello che aveva passato ore a spiegargli la trama di corna e matrimoni di Beautiful, quindi, insomma, forse quel titolo suonava troppo strano), era stato il suo unico amico per tutta la sua vita, quello con cui giocava da neonato e che gli aveva insegnato a camminare e... era stato una via di mezzo tra un genitore e un amico, ed entrambi, e meglio e peggio insieme di entrambi.

Beh, sì. Dalle informazioni che aveva raccolto, dai film che aveva visto, dai libri che aveva letto, sì, la definizione di Kurt, per quanto strana, era quella che si avvicinava di più.

– Sì – rispose, sentendo un calore bizzarro al petto a quel pensiero – Mio fratello è più grande di me.

Kurt sorrise – Dev’essere stato un fratello maggiore fantastico.

Nightbird rise, sempre quel tepore dolce nel petto e nello stomaco, che sembrava irradiarsi dalla mano di Kurt, nonostante fosse più fresca della sua – Sì, beh, è anche un gran casinaro. E non sa cucinare.

– Vive sempre qui a Metrocity?

– Sì, ci vediamo tutti i giorni.

– Che lavoro fa?

Nightbird pensò un istante a come Cooper, prima che lui fuggisse alla chetichella, si fosse diretto a casa di Dave già nei panni della temibile Sue Silvester, berciando E oggi quel tacchino maledetto imparerà a volare come un vero supereroe, o giuro che imparo a cucinare e lo ficco in forno!, alzò gli occhi al cielo – ... Al momento, Coop fa il personal trainer.

Kurt ridacchiò e gli lanciò un’occhiata che Nightbird non comprese – Beh, adesso capisco molte cose.

Però la sensazione che provò fu piacevole e si ritrovò a stringere, ricambiato, la mano che non aveva mai smesso di tenere.

 

~*~

 

– Dove sei stato?

Nightbird, che sperava di non aver fatto alcun rumore e di non essersi fatto notare, si volse verso Cooper – In giro. Avevo delle... informazioni da cercare.

– Quali informazioni, scricciolo? La tua nuova futura super bietola dubito voglia imparare qualcosa su come dev’essere un supereroe leggendo un manuale.

– Ma no, facevo un sopralluogo per... studiare il posto migliore in cui dare il via alla nostra prima, leggendaria, battaglia.

– Ma se non hai idea di come stia progredendo l’allenamento!

– Perchè ho completa fiducia in te, Coop! – esclamò Nightbird, non dovendo sforzarsi molto per suonare convincente.

– Sarà... – rispose tutt’altro che convinto l’automa.

Il problema era che, malgrado l’addestramento di Dave lo impegnasse per ore al giorno, l’istinto principale di Cooper era occuparsi del suo protetto, e aveva l’impressione che recentemente questo compito non venisse assolto a dovere perché il suddetto protetto non faceva che sfuggirgli: aveva l’aria trasognata, oppure era sempre in giro, o tornava a casa con buste piene di abiti nuovi e in generale tentava di evitarlo. Dopo una vita trascorsa a badare a lui, quelle nuove assenze non gli piacevano affatto: certo, non si aspettava più un neonato che volesse essere tenuto in braccio quando piangeva, o un ragazzino che lo cercasse per giocare o farsi spiegare qualche manuale, o un giovane uomo a cui ripetere che c’era una differenza tra “gel” e “cemento armato” e che lui iniziava a non distinguere più quale delle due cose fosse quella che gli teneva fermi i capelli.

Si sentiva ignorato e inutile.

E non era piacevole per niente.

Se avesse avuto un programma per quello, ne sarebbe rimasto ferito.

– Oh cazzo – considerò quella sera stessa, un secondo prima che lo stand-by lo spegnesse – Se mi dà noia è perché ho un programma per quello! Ma porca...

E la fase di stand-by iniziò, troncandogli l’imprecazione a metà.

 

~*~

 

– Scusa se ti ho chiamato solo per questo – ripeté per la terza volta Kurt – Ma volevo fare la spesa grande della settimana e quella criminale di Rachel mi ha dato buca e da solo non avrei saputo come portare tutto a casa.

– Nessun problema – rispose Nightbird – Mi piace fare la spesa con te, sei così metodico e pieno di informazioni su calorie e potere nutrizionale e grassi... sembri Coop quando...

... fa la scansione degli alimenti, che poi tanto non rispettiamo perché se una cosa è buona la mangiamo lo stesso, va bene anche se è già scaduta da un giorno, ma pure due se l’odore e l’aspetto sono ancora buoni, stava per dire. Ma non poteva, perché Kurt non doveva sapere che Coop era un automa.

– Oh, posso solo immaginare – lo salvò senza sapere l’altro – Immagino che un personal trainer sia molto fiscale in fatto di alimentazione.

Due sere fa avevano cenato con dei wurstel ripieni di formaggio, arrotolati nella pancetta, fritti nello strutto e accompagnati da patate fritte con pioggia di ketchup e maionese. Dave mangia spesso roba simile, volevo provare!, aveva commentato Cooper, strafogandosi.

– ... sì, Coop segue un regime alimentare assurdo e lo ha imposto ad entrambi.

Kurt gli lanciò di nuovo quell’occhiata che Nightbird non capiva, da sotto in su, come se lo stesse valutando, ma arrossendo con una risatina imbarazzata – Non ne dubitavo... – e poi, come tutte le volte, cambiò repentinamente argomento, mettendogli una mela rossa sotto il naso – Oggi sono stupende: ti va una torta di mele?

– Se la prepari tu, non ho obiezioni.

– Il regime alimentare assurdo di tuo fratello lo permette? – rise ancora Kurt.

– Non glielo dirò e faremo finta che non sia mai successo. Adoro la torta di mele!

– Anch’io. Se la strega di Biancaneve si fosse presentata alla mia porta con una fetta di torta, invece che con la mela, mi ci sarei avvelenato molto volentieri.

– Sarà, ma non ho mai capito quella metafora della mela... – rispose dubbioso Nightbird, facendosi affidare il sacchetto da pesare.

– Non penso ci sia una metafora in quella scena... anche se devo ammettere che la gente infila significati incomprensibili in qualunque fiaba; chissà quale sarà la “metafora nascosta” nelle scarpe infuocate che fanno mettere alla strega a fine fiaba.

– Povera strega! Perché le fanno una cosa così orribile?

– Perché le principesse buone delle fiabe spesso sono mostri! Perchè, di Hansel e Grethel che fanno bruciare viva la strega che mi dici? D’accordo che voleva mangiarseli, ma c’era modo e modo per farla fuori...

Nightbird lo fissò vaquo – Non ti seguo.

– Non conosci la fiaba di Hansel e Grethel?

– ... No?

– La casetta di marzapane?

– Quella che vendono in pasticceria sotto Natale?

– ... ok, proviamone un’altra: Rapunzel?

Gli occhi color miele di Nightbird gli rimandarono uno sguardo vacuo.

– Oh cielo, non conosci le fiabe più famose?

– Coop non mi leggeva quel genere di libri.

– Ti leggeva il libro della dieta Dukan? – rise Kurt.

Nightbird ricordava chiaramente Cooper, la sera in carcere, rimboccargli le coperte e leggere Probabilità e statistica per l’ingegneria e le scienze. Probabilmente Kurt non avrebbe approvato, perciò si strinse nelle spalle sorridendo (aveva notato che quel gesto sembrava distrasse il suo interlocutore da quasi qualunque altra cosa).

– Nemmeno La Sirenetta? O La Bella e la Bestia? Erano le mie preferite, mia madre me le lesse e rilesse per anni e poi lo fece mio padre, anche se ero perfettamente in grado di farlo da da solo.

Nightbird si strinse ancora nelle spalle, ripromettendosi di studiare quella roba non appena fosse tornato a casa.

Kurt gli diede un buffetto sulla guancia, allontanando poi subito la mano, arrossendo, e riprese a trascinarlo per il supermercato – lui avanti con la lista in mano, Nightbird alla guida del carrello.

Aveva ragione Kurt, erano un team perfetto.

 

~*~

 

L’indomani la sveglia suonò prestissimo: Cooper aveva studiato un nuovo metodo di allenamento per Dave, basato su uno dei videogames che gli aveva trovato in casa e che aveva minacciato di distruggere come imput motivazionale durante i giorni seguenti.

– … E quindi ho pensato di strutturare in questa maniera l’allenamento: sai che quella bietola se la sta cavando decentemente? Visti gli inizi ero titubante, ma man mano che si va avanti...

– È fantastico, Coop! – esclamò Nightbird, ingoiando mezza tazza di caffè per costringere i toast che aveva fagocitato a scendere – Conto su di te!

– Sarebbe il caso che tu venga a dare un’occhiata--

– Domani, oggi ho un impegno fondamentale!

– E consisterebbe in cosa?

– Fidati di me, Coop! – esclamò Nightbird, scattando via dalla sedia e dirigendosi verso il passaggio segreto, lasciando l’automa interdetto.

 

~*~

 

E così, questo sarebbe un picnic, pensò Nightbird mentre Kurt estraeva dal voluminoso (e pesante, lo sapeva bene perché si era offerto di portarlo fin lì) cesto di vimini una tovaglia verde gigantesca, piatti, bicchieri, posate e un gran numero di contenitori ermetici.

Aveva visto qualche volta, da quando si erano trasferiti a vivere nel Municipio, famiglie e coppie che ne allestivano uno nella porzione di parco che si vedeva dalla sua finestra; adesso aveva la bizzarra sensazione di aver guardato per anni un quadro e di esserci improvvisamente finito dentro. Non che fosse una sensazione sgradevole...

– ... e qui abbiamo la caesar salad e qui la cheesecake. Ho trovato questi fantastici contenitori refrigeranti per portarla in giro senza che il caldo la danneggi, non è fantastico?

Nightbird si riscosse e guardò Kurt, inginocchiato sulla tovaglia con gli stivali ordinatamente riposti sull’erba, il cesto vuoto di fronte a sé, una “tavola” perfettamente apparecchiata intorno a lui e una pila di contenitori pieni di cibo che aveva cucinato; aveva i capelli perfettamente in piega, anche se il vento giocherellava con il ciuffo più alto, malgrado la sua armatura di lacca, una maglia bianca e morbida che nascondeva a malapena i jeans più stretti che avesse mai visto – tanto che si domandava come facesse a sedere in quella posizione, o anche solo a piegare le gambe. Sorrideva, felice e come fosse stato una lampada opaca dentro cui fosse stata accesa la luce, e Nightbird si rese conto in quel momento di non averlo mai visto con quell’espressione, nonostante si fossero “frequentati” per anni: Kurt non era mai stato caustico, mai sarcastico, mai frustrato o esasperato, ma progressivamente si era fatto sempre più divertente e sorridente.

E lui ne era felice, e sentiva uno strano languore all’altezza dello stomaco, che non aveva niente a che vedere con le prelibatezze che aveva davanti e che ogni tanto gli mandava buffe zaffate di calore al viso.

Kurt era diventato, senza che lui se ne accorgesse, la parte più bella delle sue giornate, quella da attendere con ansia e da rimpiangere nei momenti di assenza, che monopolizzava i suoi pensieri anche quando avrebbe dovuto occuparsi del suo nuovo supereroe.

– Sì, è fantastico – si trovò a rispondere, senza esitazioni e senza riferirsi minimamente al picnic.

 

~*~

 

Mangiarono e, quando anche il dessert fu spazzolato, mentre Kurt riponeva i contenitori vuoti nel cesto e lui raccoglieva la spazzatura, sentì un colpetto di tosse imbarazzato distoglierlo.

– Oh, e poi... ieri sono passato in libreria per comprare un manuale per il corso di storia della moda. E ho trovato questo – e gli porse un libro.

Nightbird lo prese e lesse, sulla copertina, Le più famose fiabe da tutto il mondo – Edizione integrale.

– Ho pensato che non si potesse vivere senza conoscere La Bella e la Bestia o La Sirenetta – aggiunse Kurt, omettendo di dire a Blaine che non era “passato” in libreria per comprare alcunché, ma appositamente per trovare un libro di favole che raccogliesse tutte quelle che preferiva: aveva trascorso un’ora e mezza a scorrere uno per uno tutto lo scaffale del reparto dei bambini, sotto lo sguardo perplesso dei commessi, controllando i sommari e confrontandoli per decidere quale fosse il volume più completo e quello che avesse tutti i suoi preferiti.

Nightbird diede una scorsa al libro, stupendosi quasi di avere per le mani qualcosa che avesse al suo interno solo testo e nessuna equazione, calcolo, o figura analizzata – Non so come ringraziarti, Kurt.

– Leggi e fammi sapere – rispose con una risata imbarazzata l’altro – Non esiste più la versione che avevo io da bambino, ma a quanto pare quella ha più o meno le stesse storie. Il mio libro è un cimelio, ormai, lo conservo in camera mia nella scatola con le cose che ho portato da casa di mio padre quando mi sono trasferito qui, mi sembra ieri quando lo leggevano per me.

Il criminale sorrise e poi gli tese il libro.

– Perché? – chiese Kurt, spiazzato.

– Perché nessuno mi ha mai letto una fiaba e visto che tu sembri un esperto...

Kurt sorrise, un sorriso piccolo, privato, e accettò il libro.

– Però questo vuol dire che leggerò le mie preferite, sappilo.

Nightbird si stese sulla coperta, alzando su di lui uno sguardo adorante che fece arrossire al punto l’altro che sollevò il libro come una corazza – Non potrei chiedere di meglio.

 

~*~

 

Trascorsero tutta la giornata al parco, parte seduti sulla coperta a leggere e ad ascoltare fiabe, parte a raccontarsi sprazzi e aneddoti delle proprie vite.

Nightbird aveva sempre saputo di aver avuto un’esistenza anomala e difficile, e non aver avuto mai altri interlocutori che Cooper aveva risolto il problema di dover inventare scuse per non parlare di una famiglia inesistente, di un’educazione scolastica non pervenuta, dell’assenza di un domicilio e di tutte quelle cose che le persone “normali” di solito hanno o almeno hanno avuto. Non se n’era mai dato pena comunque, perché tutti gli Evil Lords che conosceva venivano da infanzie ed esistenze borderline, ma adesso, con Kurt, si rendeva conto che non avere genitori di cui parlare, o una casa, o della scuola, lo metteva in crisi: lui, che sapeva quanto la menzogna potesse diventare arte, non tollerava di mentire al suo interlocutore – e, doveva ammetterlo, per una volta sentiva la mancanza della normalità che non aveva avuto.

– La scuola per me è stata un inferno – bisbigliò Kurt, prendendolo alla sprovvista: non sapeva come, ma quando aveva finito di leggere, invece di rimanere seduto accanto a lui, il ragazzo si era sdraiato sulla coperta, non troppo vicino, e avevano continuato a parlare così, per... non avrebbe saputo dire quanto, ma la luce in alto sembrava essersi attenuata.

– Anche per me – non poté trattenersi dal rispondere Nightbird.

Kurt abbozzò un sorriso – Non ci credo.

– Giuro.

– Sei intelligente, sei avvenente, cosa non andava?

– Anche tu sei intelligente, avvenente e hai un carattere migliore del mio, eppure dici che ti è andata male.

– Beh, sì, ammetto di avere numerose qualità – rispose con sussiego Kurt, facendoli ridere entrambi – Alle medie non avevo amici: per le ragazze ero un maschio, quindi non si fidavano, e per i ragazzi avevo una voce da femmina e non mi piaceva lo sport, o fare battute sconce sulle professoresse o le altre studentesse, quindi ero emarginato da entrambi i lati. Alle superiori le cose sono peggiorate, avevo dei bulli che mi perseguitavano letteralmente, specie da quando ho ammesso di essere gay e di rifiutarmi di considerare questa cosa un problema, come se poi lo fosse! Per mio padre andava bene e a me non interessava qualunque cosa pensassero gli altri.

Nightbird sentì il cuore stringersi: non era vero che non avevano alcunché in comune, allora; gli sembrava di ascoltare i suoi discorsi di bambino e ragazzino, quando nella scuola di miss Pillsbury nessuno voleva avere a che fare con lui perché veniva dal carcere e non aveva dei genitori, e la sola cosa che lo teneva saldo era sapere che Cooper lo adorava e che qualunque cosa avesse fatto, qualunque scelta avesse preso, sarebbe stato al suo fianco.

– Quando ero alle elementari... non piacevo a nessuno – bisbigliò – C’era questo ragazzino che era l’eroe di tutti e che mi detestava per – boh, forse perché ero diverso da lui e ai bambini non piace la diversità. Mi rendeva la vita un inferno, impediva agli altri di fare amicizia con me e alla fine ho preferito... andare altrove.

Sentì la mano di Kurt scivolare nella sua e stringerla leggermente: si volse e non si era accorto che fossero così vicini, così tanto che poteva scorgere ogni minima sfumatura dei suoi occhi, le lentiggini sul naso e i ciuffi sulla fronte che cedevano alla loro prigione di lacca per ricadere in una posa più scomposta e più naturale – È un peccato che non fossimo a scuola insieme.

Nightbird strinse la sua mano e ripensò a quanto avrebbe fatto piacere, al bambino che era stato, aver avuto un amico come Kurt; non si sarebbe sentito solo a scuola, non avrebbe avuto l’impressione che il mondo intero lo odiasse, avrebbe avuto un alleato che potesse capirlo più di Cooper perché viveva nel suo ambiente, cosa che all’automa era impossibile (o il piccolo Hudson sarebbe volato fuori dalla finestra al primo sberleffo, super poteri o no).

E forse, si disse, non avrebbe permesso al resto del mondo di decidere che lui era destinato solo ad essere cattivo e a compiere cose malvage, a conquistare una metropoli per poi non sapere che farsene e desiderare solo di rimanere lì, sdraiato su una coperta sull’erba a stringere la mano dell’unica persona estranea alla sua vita con la quale, a parte Metroman, fosse riuscito a creare un legame. Forse sarebbe stato tutto diverso e lui non si sarebbe chiamato Nightbird ma Blaine, avrebbe lavorato nel museo di Metroman e la sua vita avrebbe preso binari più normali e avrebbe avuto Kurt al suo fianco e avrebbero parlato e sarebbero andati a prendere il caffé e avrebbero fatto tutte le cose che stavano facendo ora, ma senza maschere, senza ferite, senza sotterfugi, senza menzogne, senza una metropoli che pendeva sulla sua testa come fosse lei ad averlo reso prigioniero, e non il contrario.

Forse non avrebbe pensato che essere il Male era la soluzione, perché non gli sarebbe importato, avrebbe avuto comunque la mano di Kurt da stringere e sarebbe stato tutto più facile.

– Già – bisbigliò – Ma siamo qui, adesso.

Kurt arrossì lievemente e accarezzò il dorso della sua mano con il pollice – Già.

– E non vorrei essere da nessun’altra parte al mondo per niente al mondo.

– Nemmeno io.

Ed era lì che si era avvicinato del tutto e l’aveva baciato, Kurt che chiudeva gli occhi come se non avesse atteso altro.


Archivio recensioni
Su Ao3


Credits & disclaimer

Phantasma © di Michiru, dal 7 gennaio 2007
Tutte le fanfictions ed alcuni dei banner che troverete qui sono © di Michiru, le canzoni, le citazioni ed i personaggi appartengono invece ai rispettivi autori. E' assolutamente vietato prelevare qualunque cosa da questo sito senza mio esplicito permesso. Sito non a scopo di lucro.
Layout © Juuhachi Go
Patterns © Photoshop Stock