Stairway to Heaven ~ VI. Dove il Male dovrebbe capire che la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, solo che non lo fa

Tre ore e quaranta minuti dopo l’inizio del processo, il macchinario, con pirotecnico accendersi e spegnersi di lucine, rumori e quant’altro, sputò fuori da un minuscolo cassettino La Capsula.

Nightbird la prelevò con un paio di pinzette e la collocò nella Pistola Installatrice, uno strumento che aveva progettato anni prima insieme al macchinario per l’estrazione del DNA, ma che fino a quel momento era stata praticamente utilizzata come cacciavite d’emergenza – come sbraitava sempre a Cooper, che ribatteva che, finché non le avesse trovato un utilizzo più nobile, anche quell’affare doveva guadagnarsi il diritto di aumentare la superficie da spolverare del laboratorio. Il criminale depose con attenzione la capsula nell’alloggiamento mai utilizzato prima della pistola e la settò su “Installare”.

– Capisci cos’abbiamo qui, Coop? – chiese lui, estasiato.

– Sì, un principio di ergastolo. Il centoventiquattresimo, se non ricordo male, anche se credo che la tua ennesima spettacolare fuga abbia aumentato la pena. Va beh che tanto, ormai... dovrebbero renderti immortale, prima, non capisco che si divertono a fare ad assegnartene altri.

– ... Coop, devi sempre rovinarmi tutto! – gemette Nightbird – Io creo un capolavoro e tu cavilli.

– D’accordo, d’accordo – si difese l’automa – Allora, abbiamo il DNA di Bietolaman e adesso dobbiamo trovare un altro ortaggio di forma umana abbastanza cretino in cui impiantarlo. Giusto?

L’altro lo guardò malissimo.

– Dov’è finita la tua ironia, scricciolo?

Nightbird stava per rispondergli che, dovunque si trovasse, prima o poi sarebbe andata a cercarlo armata di mazza chiodata cacciavite, ma non fece in tempo, perché il suo cellulare prese a suonare Call me maybe.

– Io non ho un cellulare e di sicuro non uno che suoni Call me maybe – protestò, andando a scavare tra le scartoffie sul tavolo da lavoro dove la sera prima, ora lo ricordava, aveva buttato la roba che aveva trovato sul carrello del Museo di Metroman, pensando che sarebbe potuta tornargli utile.

Rimase a fissare il cellulare, che trillava allegramente.

– Rispondi, quella canzone è insopportabile – gemette l’automa.

– Non ho mai risposto ad un telefono in vita mia! – esclamò l’altro. Schiacciò il tasto verde e balbettò un poco convinto – Pronto?

– Blaine!

– K-Kurt?!

– Ho spedito Rachel al museo a chiedere il tuo numero di telefono: lei ha farfugliato qualcosa sul fatto che non ci fosse nessuno col tuo nome a lavorare lì, perciò mi ha dato quello dell’unico altro...

– S-sì! Naturalmente! Si vede che al museo non hanno ancora salvato il mio nome nello schedario e roba del genere... avevi bisogno di qualcosa?

– Sì! La nostra chiacchierata di ieri mi ha davvero ispirato, sono stato tutta la notte sveglio e alla fine ho deciso di passare all’azione: ho fatto un paio di ricerche e non ci crederai mai!

– Cosa?

– Ho trovato il rifugio di Nightbird!

– Cosa?!

Il criminale si volse disperato verso Cooper, che indicava sconvolto il monitor che dava sull’entrata segreta, sul quale si poteva vedere un esaltatissimo Kurt Hummel, seguito da un ragazzo grande e grosso con una telecamera sulla spalla, che studiava la parete di fronte a sé.

– Come diavolo- volevo dire, come puoi sapere che sia proprio il suo laboratorio, Kurt?

– È facile, non capisco come la polizia non ci sia arrivata: è l’unico edificio della città abbastanza brutto con un osservatorio finto sul tetto!

Nightbird si voltò furente verso l’automa, che sillabò E cosa ne sapevo che dovevo farlo sparire?! – D’accordo, Kurt,resta dove sei – rispose, cercando di pensare – Di sicuro quel posto è pericolosissimo e impenetrabile...

– Lo credevo anch’io, invece ho trovato una macchina parcheggiata qui e uno zerbino con scritto Benvenuti!

Stavolta Nightbird coprì il microfono del telefono e si produsse in un ringhio furente verso Cooper.

– Mi scordavo sempre dov’era! E tu hai cancellato la scritta Entrare qui che ci avevo dipinto sopra!

– Kurt, ascoltami, non devi assolutamente...

Ma proprio mentre stava tentando di impedirglielo, dallo schermo vide il ragazzo muovere un passo verso il varco nella parete, proprio sopra il dannato zerbino, e superare l’entrata, finendo dentro l’atrio del laboratorio segreto.

– MERDA!

Cercando di recuperare il sangue freddo che l’aveva mantenuto vivo fino a quel giorno, Nightbird recuperò i primi vestiti che trovò in giro, ficcò la testa sotto il rubinetto nel disperato tentativo di rimuovere il gel e, tallonato da Cooper che cercava di asciugarlo con uno straccio sporco di olio per motori, agguantò gli occhiali che aveva usato la sera prima per mascherarsi e corse verso l’ingresso.

Kurt, ignaro di tutto, continuava a parlare al cellulare e fece un balzo di un metro, accompagnato da un grido isterico, quando se lo vide comparire accanto.

– Oh mio Dio, Blaine! Come hai fatto ad arrivare così in fretta? Non avevo neanche finito di spiegarti dove...

– Oh, ma un edificio fatiscente con un osservatorio finto sul tetto lo noterebbe chiunque – rispose ansimando Nightbird, maledicendo Cooper – E poi ero... in zona. Direi che è il caso di andarsene, questo posto mette i brividi e dev’essere pieno di chissà quali trappole...

– Ma dai, andiamo, uno che mette lo zerbino per ricordarsi dov’è il passaggio segreto per entrare nel suo laboratorio, con un accidenti di osservatorio finto sul tetto che noterebbe chiunque, pensi abbia l’intelligenza di installarsi un antifurto?

– ... potrebbe essersi trattato di una dimenticanza!

Kurt gli gnignò entusiasta – Della quale ora noi approfitteremo, in modo da cercare di capire cosa quel mostro vuole dalla nostra città. Andiamo!

Nightbird si fece forza, ripetendosi che stava al gioco solo per tentare di limitare i danni.

 

~*~

 

Due ore più tardi, Nightbird dovette ammettere che non aveva limitato niente: si trovava davanti alla maledetta entrata del nascondiglio, Kurt in terra che tentava di capire che avesse da guaire il suo cameraman, che continuava ad insistere di aver beccato un colpo di pistola nel naso.

– Ragiona, Dave, se fosse stato un colpo di pistola adesso saresti morto – cercava di farlo ragionare  Kurt – Sicuramente si è trattato di un insetto, o forse ti è solo scoppiato un capillare...

Nightbird intanto teneva gli occhi al cielo, domandandosi perché, perché, di tante armi disponibili, Cooper avesse sentito il bisogno di impedire a quel tizio di entrare sparandogli proprio con la dannata Pistola installatrice, beccandolo, con ignobile sfiga, esattamente in una narice.

Il cameraman comunque si tirò su, squadrandolo con disprezzo – Chi sarebbe questo sfigato, Kurt?

Nightbird era giusto intenzionato a fargli presente che c’erano un sacco di motivi per i quali lui non aveva assolutamente nulla dello sfigato, nonostante la sfortuna sembrasse perseguitarlo da qualche settimana a quella parte, quando Kurt, alzando gli occhi al cielo, lo prevenne – Dave, un minimo di buone maniere! Lui è Blaine, il mio partner.

– Il tuo cosa? – fu l’esclamazione unanime.

– Il mio partner– rispose compiaciuto Kurt – Col suo aiuto riuscirò a capire che diamine vuole fare Nightbird della nostra città: è la sola persona che sembra riuscire a capire i meccanismi di quella malata mente criminale e a conoscere tutto di lui.

Nightbird sapeva di dover assumere un’espressione scazzata per la caterva di insulti che stava ricevendo, ma un sorriso imbecille gli era affiorato sulle labbra e sembrava non volersene andare: squadrò con aria di sufficienza il cameraman, che gli rispose incenerendolo con un’occhiata feroce.

– Potevi scegliertene uno meglio – commentò Dave – Quantomeno che fosse più alto di un moccioso.

– Oh, ti prego – esclamò Nightbird, alzando gli occhi al cielo – Ancora battute sull’altezza? Da dove esci, dalle elementari? Va beh che da un troglodita così non posso aspettarmi chissà che sfoggio di fantasia…

Non fece in tempo a finire la frase perché, piantandogli due mani d’acciaio sulle spalle, Karofsky lo inchiodò contro il muro.

– Falla finita, Dave! – soffiò Kurt, mettendosi in mezzo – Adesso tu sali su quello stupido furgone e io ti riporto a casa, prima che tu possa fare qualcos’altro di stupido! – poi, voltandosi costernato verso Nightbird – Ti chiedo di scusarlo, Blaine.

L’altro aveva una serie di insulti pronta da snocciolare per fargli presente la lunga sequela di motivi per i quali non era il caso di scusare il cameraman, ma gli sfuggì solo un – Non preoccuparti.

Kurt indirizzò Dave verso il furgone del tg e poi si voltò per scoccare un sorriso timido all’altro, ancora poggiato contro il muro – Posso chiamarti domani?

Un assolutamente imprevisto Non vedo l’ora  gli sfuggì di bocca prima ancora di rendersene conto.

 

~*~

 

Nightbird rientrò dal passaggio segreto con aria trasognata, dimenticandosi persino di prendere a calci lo zerbino: aveva più di un motivo per essere preoccupato (o anche solo furibondo), ma… beh, non lo era; aveva una specie di languore nello stomaco e il sorriso ebete che sembrava non volersene andare dal suo viso.

– Fammi capire, scricciolo – tuonò all’improvviso la voce di Cooper – Ti sei fatto buttare al muro da quella specie di scimmione?

– Non potevo propriamente fulminarlo a mani nude, no? – rispose l’altro, alzando (a quante volte era?) gli occhi al soffitto – Oltre a non avere armi a disposizione, c’era una appena percettibile differenza di stazza, non so se ci hai fatto caso.

– Mi ricordavo di averti visto fare box, tipo nell’ultimo decennio.

– Mi ha colto di sorpresa!

– Oh, andiamo, sei cresciuto in un carcere di massima sicurezza, scricciolo, non sai cosa vuol dire essere “colto di sorpresa”.

– Possiamo parlare dopo di questi dettagli inutili e concentrarci adesso sul fatto che tu, razza di deficiente, hai impiantato gli straordinari poteri di Metroman a quello lì?

– … sono stato colto di sorpresa!

 

~*~

 

Mezz’ora più tardi, grazie ad un localizzatore, Nightbird e Cooper si appostarono di fronte al condominio nel quale abitava il loro uomo.

– D’accordo, Coop, ti ricordi il piano?

– No, mi ricordo solo che ho ripetuto ventisei volte “Dammi la pistola e disinnesto quel gorilla, perché questa è unamonumentale cazzata” e non sono stato ascoltato.

– Ma non capisci che è esattamente il suo essere così naif a renderlo un soggetto perfetto? Non ci vorrà nulla a convincerlo della storia che ho ideato e a trasformarlo…

– … in un’enorme, monumentale cazzata. Ventisette. Continuo o ci riteniamo soddisfatti? – lo interruppe l’automa, recuperando la pistola installatrice e settandola su Disinstalla.

Nightbird non si diede pena di rispondergli: gli strappò dalle mani l’arma e la lanciò sul sedile posteriore – Fila e prega di risultare convincente!

– Giura che mi formatterai questa parte di memoria. Giura! Sarebbe troppo umiliante doverlo ricordare tutta la vita!

– Piantala di ostacolarmi e piuttosto ti installerò questo ricordo il loop per dodici ore ogni giorno!

– Aveva ragione Shuester, sei una mente malata e vai rinchiuso – piagnucolò l’automa.

Un certo numero di insulti e molti gradini più tardi, i due si ritrovarono di fronte ad un portone, anonimo come tutti gli altri che si erano susseguiti fino a quel momento; ma a renderlo speciale, almeno ai loro occhi, era la targhetta col nome del proprietario che se ne stava discretamente al suo lato.

– D’accordo, secondo i miei calcoli, mancano ancora quindici, quattordici, tredici…

uno, una specie di esplosione di luce invase l’appartamento di fronte a loro, così potente che il bagliore filtrò da ogni minimo interstizio della porta.

– Ci siamo! – esclamò estatico Nightbird – Si va in scena!

– Preferivo quando mi dicevano “E non uscirete più di qui per tutto il resto della vostra vita, criminali!” – gemette Cooper.

– Quei tempi stanno per tornare – rispose ghignando l’altro, dando un colpetto all’orologio che portava al polso – Dopo di te, Coop.

L’androide, alzando un’ultima volta gli occhi al cielo e fissando disperato una crepa ed una macchia di umidità, diede un calcio alla porta (che si abbattè rumorosamente al suolo) ed entrò nel monolocale puntando di fronte a sè una pistola, tenendo sotto tiro un divano un po’ scassato – per quel che se ne vedeva sotto pile di guide tv, telecomandi, consolle, videogiochi e sacchetti di patatine.

Là sopra, come mezzo tramortito, sedeva afflosciato il fisico decisamente piazzato e statuario di quello che era stato, fino ad un paio di minuti prima, Dave Karofsky: il ragazzo fissava sconvolto quel che riusciva a vedere del suo stesso corpo, tastando con le mani in un misto di incredulità e shock braccia, gambe, petto, come se non fossero i suoi.

Non lo erano, in un certo senso: con l’attivazione della capsula, i poteri di Metroman che avevano preso possesso del suo corpo avevano plasmato anche quest’ultimo in modo da sopportare la sovrumana potenza che adesso scorreva fin nelle punte dei capelli a spazzola; laddove prima c’era un fisico muscoloso e piazzato dagli anni di rugby, ma anche arrotondato da altrettanti anni di cibo spazzatura e birra, i super poteri avevano scolpito spalle enormi e pettorali d’acciaio, tanto che solo il viso, più snello, sembrava ricordare il Dave Karofsky che aveva preso posto sul divano mezz’ora prima per superare l’ultimo livello di Mortal Kombat.

Nightbird considerò con compassione l’espressione smarrita che il ragazzo volse su di lui dopo pochi istanti, imponendosi di non scoppiare a ridere quando la vide mutare in terrore alla vista della pistola impugnata da Cooper. Figurarsi: ci sarebbe voluto un cannone per sperare di nuocergli alla lontana, ora che aveva i poteri di Metroman.

– Rilassati, ragazzo – disse, cercando di suonare al contempo autorevole e rassicurante – Nessun proiettile può più nuocerti, anche se... Robert dovesse fare fuoco.

Perchè aveva dato retta a quell’imbecille di Cooper nella scelta dei nomi? Perchè?! Va beh, era comunque meglio della prima opzione che aveva avuto il coraggio di partorire... Ridge Forrester. Che qualcuno gli desse la forza, perchè ad avere la pazienza avrebbe portato a termine la minaccia di smontarlo per intero usando solo un cacciavite.

Dave squadrò poco convinto l’arma e sembrò tranquillizzarsi lievemente quando Nightbird fece cenno all’automa di abbassarla.

– Chi diavolo sareste, voi due? – esclamò dopo qualche secondo il padrone di casa, sforzandosi di non far tremare la voce – Sembrate usciti da qualche picchiaduro sulla mafia. O qualche film di quelli vecchi, in bianco e nero.

Nightbird contò mentalmente fino a sette: ‘sto ragazzo andava educato anche dal punto di vista cinematografico.

– Immagino che voi giovani possiate trovare vecchio questo abbigliamento – concesse, squadrando il doppiopetto gessato nero a righe sottili rosse – Ma concedi al tuo Padrino Spaziale di mantenere il suo stile.

– Il mio che?

– Padrino Spaziale.

– ... Che ti sei calato, amico?

– So che tutto questo può essere difficile da accettare per te, ragazzo mio – lo ignorò Nightbird, cercando di suonare il più paterno possibile, quantomeno per adattarsi al suo nuovo aspetto, una versione riveduta e corretta di Marlon Brando nei panni de Il Padrino. Aveva tentato di impedire a Cooper tutto questo, ma non c’era stato verso, quindi si era piegato ad un ruolo che quantomeno non gli riuscisse umiliante ma che facesse squittire il piccolo fanboy che c’era in lui – Ma da questo momento, la tua vita è cambiata per sempre: i poteri sconfinati che ti sono stati dati alla nascita si sono risvegliati e adesso è il momento che tu impari a controllarli. Metroman è morto: è ora che un nuovo eroe salvi questa città ed i suoi abitanti.

 

~*~

 

Dave, malgrado l’iniziale perplessità, sembrava aver afferrato al volo la delirante sceneggiata che Nightbird e Cooper avevano inventato per lui: la parte relativa alla galassia lontana da cui proveniva sembrava non interessarlo particolarmente, ma la faccenda dei super poteri, di poter prendere il posto di Metroman e di dover fare questo fighissimo allenamento per diventare il nuovo Eroe della città sembrava esaltarlo. Aveva persino smesso di chiamare “amico” o “coso” il criminale e preso a chiamarlo “Padrino”, anche se non si era potuto trattenere dal chiedergli se quella roba che aveva sui capelli non rischiava di fare da collante al cappello da gangster che portava sulle ventitrè.

– Questi ragazzi! – aveva esclamato Nightbird con un sospiro bonario.

Beh, almeno questo toglieva di mezzo parecchie difficoltà, come il convincere Dave ad iniziare quanto prima l’addestramento.

Il problema è che non ne toglieva una.

– Coop... pietà. Attieniti al copione, dai: io sono il Padrino e tu fai Robert...

– E come pensi di addestrare il tuo principio di ergastolo, scricciolo? Ti ci vuole un professionista!

– No, mi ci vuole qualcuno che dia retta ai miei ordini!

– Troppo tardi, scricciolo: adesso fatti da parte, siediti e lascia fare al professionista.

Nightbird si fece da parte, si sedette e lasciò fare alla tragedia.

Quando Dave giunse in cima al grattacielo su cui avevano concordato di iniziare l’allenamento, si trovò davanti il suo Padrino Spaziale (seduto con aria insolitamente pallida su una... sedia da regista?) e al suo fianco, là dove prima di un giro di orologio c’era stato Cooper, una bizzarra donna di mezza età, magra e atletica, i corti capelli biondi, una tuta da ginnastica rossa e un megafono dello stesso colore in mano.

– E questa chi sarebbe, Padrino?

Nightbird alzò lo sguardo, affranto. No, dai, non poteva farcela.

– In riga, parodia vagamente scolarizzata di Metroman! – berciò la donna, urlandoglielo direttamente nel megafono nonostante Dave fosse ad un metro scarso da lei – Il mio nome è Sue Silvester, Personal Trainer dei Super. E tu sei in ritardo!

– Personal che? E comunque non sono in ritardo!

– Certo che lo sei, stupido scimmione pompato: cosa te l’hanno dato a fare il potere di volare, per arrivare a prendere la confezione dei cereali nel ripiano più alto?! E lui arriva salendo le scale!

– Hey, io ho provato a volare, ma continuavo a sbandare! Non è mica l’auto, non ho un cazzo di volante.

– Vorrà dire che cominceremo da lì!

– Può smetterla di urlarmelo nel megafono?!

– Mai!

 

~*~

 

Nightbird rimase seduto sulla sedia con lo sguardo in alto, non avrebbe saputo dire se per lo sconforto o per seguire gli sbilenchi tentativi di volo del suo protetto, a cui “Sue” si era seduta sulla schiena e continuava a berciare ordini e critiche dal megafono, incredibilmente senza schiantarsi al suolo – e senza che Dave sembrasse intenzionato a farla schiantare al suolo.

I botta e risposta che sentiva da lì erano imbarazzanti.

– Schiena dritta, ragazzo!

– Dritta rispetto a cosa, che sto per aria con te sulle costole?!

– La rettitudine dev’essere dentro di te, stupida rapa, non nell’asse terrestre! E vola con un po’ di garbo, dovresti essere un falco, una colomba, invece sembri solo lo stupido tacchino ripieno del Ringraziamento! Un Ringraziamento in cui nessuno ha ringraziato e perciò è venuto male!

– Ma non vuol dire un cazzo!

– Taci, stupido tacchino! Vediamo se sei in grado di raggiungere almeno il prossimo stato evolutivo!

– E quale sarebbe?

– Il piccione in umido!

Mentre Nightbird si univa a Dave nel dubitare della scala evolutiva di Sue, il cellulare trillò nella sua tasca: ormai aveva una totale padronanza del mezzo, merito di Kurt che si faceva vivo più volte al giorno.

 

Kurt

Hey, partner! Ho raccolto degli appunti che potrebbero essere interessanti: sei libero nel pomeriggio?

 

Blaine

Come l’aria! Alle tre al museo di Metroman?

 

– Dritto, stupido tacchino, dritto!

– Se la smettessi di usare le mie orecchie come manubrio forse mi riuscirebbe meglio!

– Lo vedi che sei ignorante come una rapa di allevamento? In questo caso si dice cloche!

– Mo’ le rape si allevano?

– Fai il saputo ancora una volta e ti degrado al rango evolutivo inferiore, tacchino!

– E quale sarebbe?

– La quaglia sotto sale!

– Ma non esiste una porcheria del genere!

Nightbird sollevò lo sguardo sulle evoluzioni vacillanti dei due, sul delirio della loro conversazione, ripensò che di lì a poche ore avrebbe rivisto Kurt e scoppiò a ridere felice.


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